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Per poter appena comprendere la difficile realtà di Sabina Santilli (sopra), nativa di San Benedetto dei Marsi, ciecosorda dalla nascita (fondatrice della "Lega del Filo d'Oro", con sede ad Osimo, in provincia di Ancona, splendida struttura italiana d'ausilio alle persone che, nelle sue stesse condizioni, riescono, mediante specifiche terapie, a comunicare e ad inserirsi nella società), potrebbe essere utile immergersi nella lettura (come consigliato dalla sorella di Sabina, Loda, alla quale è "affidata" la chiusura dello scritto), dell'articolo "Senza Filo Cronologico", che troviamo subito sotto:

CAPITOLO 17

Senza Filo cronologico

Da alcuni fatti registrati ufficialmente, risulta che i miei ricordi consci più lontani nell’infanzia risalgono al 1921, quando cioè avevo 4 anni.

Essi appaiono alla mia mente sporadici ed isolati, senza connessione di molti particolari e senza ordine cronologico, come scene staccate su un unico sfondo estivo; né saprei dire quali avvenuti prima e quali dopo. Ma pure così netti e precisi, che a volte mi si confondono con quelli accaduti intorno ai sei anni. Comunque, sono fatti sempre accompagnati da forti eccitazioni di gioia, di paura, di dolore: feste e viaggi degli zii, i morsi del bambino dell’Austriaca, la voce dei morti (vedi Cap.16 ”Immagini Vive del mio Paese” – La Piazza). Oppure da stimolazioni sensoriali particolarmente intense e vive. Poco o niente ricordo degli inverni di quei primi anni, ma tutto mi si ripresenta al pensiero nella luce viva dell’Estate o del pieno giorno.

Non ricordo praticamente nulla del mio parlare e dei miei giochi in quel periodo. Si penserebbe volentieri che ovviamente la maggior parte delle esperienze di quella età siano cadute nell’oblìo completo se pure si può dire oblìo completo poiché una gamma infinita di elementi frammentari, rappresentazioni sensoriali o,come dico io in una parola di “registramenti sensoriali”, mi sono rimasti nel profondo del subcosciente, genuini come si sono impressi una volta nei sensi e come li ritrova un bambino di sette ani che fin lì, non avesse ancora avuto tempo ed occasione di riassociarli ed elaborarli con l’attività superiore dell’intelletto.

Molti di essi, infatti, anche assai tardi, causa le lunghe assenze dal luogo dove li aveva colti, ho potuto identificarli nel loro complesso di fatti autentici soltanto tornando a contatto diretto con

le stesse cose nello stesso ambiente e riparlandone con persone della mia età o poco maggiori, testimoni e compartecipi delle stesse esperienze.

Avevo bene in mente, per esempio, il quadro della nipotina deceduta: entrando nella camera, dovetti alzare parecchio la testa per giungere a vederla sul letto, piuttosto alto per me, ma non sapevo di aver parlato affatto. Invece la madre della bambina stessa mi raccontò poi di aver detto io alla piccola defunta: “Addio Concettina ! Mo chi ti annonna più”, … ( Ora chi ti culla più) “Eri tu, infatti che la cullavi sempre” , continuò Antonietta. Mentre ricordo benissimo la nascita della sua sorellina che avvenne nel Gennaio del 1922.

Ancora, una donna del mio vicinato di allora, che è vissuta sempre nella medesima casa, interrogata da me alcuni anni fa sull’Austriaca, s’infervorava a raccontarmi di quei lontani ricordi: Eri un diavoletto svelto, lavavi presto,presto i piatti e scappavi a giocare. Stavi sempre a guardare ed ascoltare quello che facevano e dicevano i grandi, che qualche volta si doveva di proposito mandarti via…”

Di quell’epoca, io naturalmente, non ho presente tutto questo, so bene però che, fra le tendenze innate, quella all’attività mi è sempre stata ed è natura insopprimibile, che inoltre sono stata sempre di una taciturnità ostinata, non per nulla mi buscai il soprannome di Montone!

e so bene che verso i sei anni, quando appunto i ricordi cominciavano a determinarsi, decisamente, più completi e coordinati nella coscienza, l’osservazione e l’indagine di quanto avevo intorno, mi diveniva così intensa, così concentrata che sembra Natura avesse voluto di proposito arricchire in tempo la mia IMMAGINAZIONE, facendomi raccogliere allora quanti più elementi fosse possibile.

Proprio per questa osservazione attenta, una parola pronunziata o letta, è costantemente capace di evocarmi una gran varietà di sensazioni, con tutti i nessi e connessi: immagini, echi, caratteri, movimenti, ritmi diversi, perfino note armoniose – secondo le circostanze e lo stato d’animo attuale, particolarmente in momenti di euforia – cosa, del resto, che possono più o meno anche altri stimoli.

Non avevo neppure molta opportunità di produrmi, nella conversazione, sia perché non attaccavo, laconica sempre nel dare le risposte strettamente necessarie, e sia perché non si aveva tempo per chiacchierare oziose e per raccontare favole ai piccoli. Solo quando venne la cugina Angiolina dai suoi monti, un po’ tardi per me, cominciò a raccontarci storielle nelle serate d’inverno. Ricordo, a proposito, che facevo un certo sforzo per rappresentarmi all’idea qualcosa di quello che narrava. Così, per immaginare la scena ad una

Fontana, per la prima volta, feci mentalmente la strada fino alla Fonte dei Pioppi: una rappresentazione rudimentale ed informe, nel pensiero oscuro ed incerto. Quello che invece mi si imprimeva più decisamente e chiaramente, era la voce e il verso di imitare l’espressione e l’atteggiamento di qualcuno, da parte della narratrice e la persona di questa, nell’ombra illuminata del tranquillo ambiente di casa.

A sei anni, magari,mi affluivano spontanei nel gioco gli elementi suggeritori della fantasia, ma mi limitavo appena a ricopiare le attività del mio ambiente e di preferenza quelle domestiche; né, in vero, mi sono trovata a giocare da sola che raramente, e neppure mi univo sempre alle altre nel gioco, intenta , come ero, più ad osservare che a parlare e partecipare.

Verso i sei anni, infatti, mi si cominciavo a formare una coscienza sempre più precisa e stabile (sintetica) di cose e fatti complessi. Mi accorgevo, per esempio che mi si andavano gradatamente precisando e fissando nel cosciente la posizione e la successione rispettiva delle diverse case lungo le strade che frequentavo meno. Come pure, silenziosa nel mio cantuccio, a seguire e cogliere qualcosa nei discorsi degli adulti. In particolare, lo devo ai commenti quotidiani di Angiolina ed ai suoi ragionamenti con Mamma, se molti fatti mi si sono impressi incisivamente nel conscio poiché proprio essi mi hanno aiutata, indirettamente, nel processo di associazione e di rielaborazione intellettuale e quindi alla fissazione nella memoria, di tante cose della vita di ogni giorno.

Mi è stato naturalmente difficile disporre il racconto in ordine cronologico. Ho comunque cercato di mettere e, prima ,quello che “so”essere più antico; per il resto, sono”quadretti” del mondo e della vita che hanno influito nella mia esistenza :CASA, ASILO INFANTILE, CAMPAGNA, VIAGGI, FESTE RELIGIOSE, SCUOLA. Quadretti ai quali ho aggiunto, man mano che mi si è presentata l’occasione, fatti di evacuazioni. Provocate specialmente durante il periodo dell’educazione e che hanno contribuito efficacemente ed opportunamente a mantenermi desto e vivo il ricordo e la coscienza precisa del mondo.*

* NOTA . Dopo la lettura attentissima di questo articolo di Sabina e, dopo anni vissuta vicino a Lei, solo oggi ho capito in pieno che cosa significa essere Cieco e Sordo. La mia considerazione: se Sabina che ha visto, ha memorizzato luce, cielo, campagne, persone, suoni ecc. e, con questi ricordi ha potuto riprendere “ la coscienza precisa del mondo”, cosa sarà per un Ciecosordo dalla nascita che non ha visto mai niente? Questo articolo, mi ha toccato sensibilmente e, in verità, ho faticato a trascriverlo. Quanto difficile, l’interruzione col mondo esterno e rappresentarselo! Loda, sorella di Sabina.