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Pubblicato: 13 Dicembre 2019
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La rinuncia all’ex Cofa da parte del rettore dell’Università «Gabriele d’Annunzio» Sergio Caputi è comprensibile dal punto di vista umano e manageriale, ma per la città di Pescara è una sconfitta che ha paternità ben precise. È il risultato della mancanza di lungimiranza e della miopia politica dei «frenatori del no», quelli che si oppongono per impenetrabili preconcetti alla crescita della città e che masochisticamente sembrano godere nel precluderle una dimensione più ampia e internazionale. Un ostracismo assurdo, immotivato e alla lunga persino dannoso.
Negli ultimi dieci anni è la seconda volta che la sinistra si oppone, questa volta assieme al M5S, con gli artifici dell’ostruzionismo e con quelli del polverone polemico, al riassetto pubblico dell’ex Cofa. Nel 2011 venne affossato l’accordo Regione/Camera di Commercio, e adesso si è scelto di voler sbarrare a tutti i costi le porte all’Università, quando invece logica e oculatezza vorrebbero che quelle porte fossero e rimanessero spalancate nel segno dell’accoglienza e della sinergia. L’Università è una risorsa ed è altresì un volano per Pescara, perché da essa si irraggiano la cultura, l’intelligenza e l’economia che ricadono con ogni tipo di beneficio sul tessuto urbano. Pescara è una città universitaria che, pur negli spazi sacrificati, esprime in proporzione un quoziente molto alto di presenza di studenti, ai quali fornire strutture e servizi competitivi che danno attrattività al territorio.
Portando avanti il discorso avviato con la «d’Annunzio» la città avrebbe beneficiato anche di un auditorium e/o di un centro congressi da 1.500 posti che ne esaltano quelle potenzialità non sempre pienamente espresse. Sull’ex Cofa siamo e rimaniamo convinti che debba essere fatto ogni sforzo in termini di innovazione qualitativa, sostenibile e pubblica, e per questo in proposito rivolgo un preciso appello anche alla Regione Abruzzo", ha detto Masci (sopra).