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STOP RISTORAZIONE PESA SU AGRICOLTURA

COVID: RISCHIO CRACK PER 600 AGRITURISMI ABRUZZESI

Sono circa 234mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi chiusi nelle nuove regioni arancioni e rosse con una perdita di fatturato mensile di almeno 4,6 miliardi ed un drammatico effetto a valanga sull’intera filiera per il mancato acquisto di alimenti e vino. Di questi, 600 sono gli agriturismi abruzzesi che lanciano un grido di allarme. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulle conseguenze della nuova classificazione delle aree di elevata e massima gravità.

“La situazione è preoccupante – dice Gabriele Maiezza, presidente di Terranostra Abruzzo – purtroppo la serrata imposta dalle misure anti contagio sin estende a regioni dove molto diffuso è il consumo alimentare fuori casa e colpisce anche gli agriturismi che vivono di ristorazione soprattutto il fine settimana. Si tratta di un settore purtroppo fortemente penalizzato, che ha già risentito molto nella prima fase dell’emergenza con le chiusure che hanno determinato una forte situazione di incertezza economica e una grande difficoltà di programmazione.

In Abruzzo, come nelle altre regioni dove si registrano scenari di elevata o massima gravità, sono sospese tutte le attività di ristorazione e, quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi – aggiunge Maiezza - è consentita la sola consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali”.

Per Coldiretti Abruzzo, gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione – precisa Coldiretti Abruzzo – rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. Le limitazioni alle attività di impresa – conclude la Coldiretti - devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione in un settore chiave del Made in Italy.