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Pubblicato: 23 Febbraio 2023
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RIGOPIANO, 25 ASSOLUZIONI E 5 CONDANNE:PROTESTE IN AULA, CORDONE FORZE DELL\'ORDINE PROTEGGE GIUDICE: \"VERGOGNATEVI, OGGI E\' MORTO LO STATO ITALIANO\";
– Sono 25 le assoluzioni e 5 le condanne decise del gup di Pescara, Gianluca Sarandrea, sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto il 18 gennaio del 2017 da una valanga, evento in cui morirono 29 persone.
I 30 imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
I condannati sono: l’ex sindaco Ilario Lacchetta, a 2 anni e 8 mesi per omicidio plurimo colposo per la “omissione dell’ordinanza di inagibilità e di sgombero dell’Hotel Rigopiano”.
Condanna a 3 anni e 4 mesi ciascuno per Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, ritenuti responsabili come dirigenti della Provincia per la loro condotta relativa al “monitoraggio della percorribilità delle strade rientranti nel comparto della S.P. 8, ed alla pulizia notturna dalla neve ovvero a quella relativa al mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina Unimog fuori uso, nonché alla mancata chiusura al traffico veicolare del tratto stradale della provinciale nr 8 dal bivio Mirri e Rigopiano”.
Condannati a sei mesi di reclusione ciascuno per falso l’ex gestore dell’albergo della Gran Sasso Resort Bruno Di Tommaso e il redattore della relazione tecnica di intervenire sulle tettoie e verande dell’hotel Giuseppe Gatto.
Condannati, inoltre, in solido gli imputati Ilario Lacchetta, Paolo D’Incecco, Mauro Di Blasio, Bruno Di Tommaso e Giuseppe Gatto al pagamento delle spese processuali.
L’accusa aveva chiesto, invece, condanne per 151 anni di reclusione per i 29 imputati e una società.
“Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso all’Appello. Ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo”, dice il capo della Procura pescarese Giuseppe Bellelli.
Dal processo escono secondo la sentenza anche completamente le responsabilità della Prefettura e della Regione in capo ai soccorsi e ai presunti depistaggi.
Assolti invece l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco; il tecnico comunale di Farindola, Enrico Colangeli; i dirigenti della Regione Abruzzo Carlo Giovani, Carlo Visca, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera; gli ex sindaci di Farindola, Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il dirigente regionale Antonio Sorgi; Sabatino Belmaggio, dal 2010 al 2016 responsabile dell’ufficio Rischio valanghe della Regione Abruzzo; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Luciano Sbaraglia, tecnico geologo; il comandante della Polizia Provinciale di Pescara Giulio Honorati; il tecnico Tino Chiappino; l’ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara Leonardo Bianco; la dirigente della Prefettura Ida De Cesaris; l’imprenditore Paolo Del Rosso; il dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013, Vincenzo Antenucci; la Società Gran Sasso Resort & Spa srl; i vice prefetti Salvatore Angieri e Sergio Mazzia.
Assolti anche i dirigenti della Prefettura Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva, accusati di depistaggio per l’occultamento del brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara.
CAOS IN AULA,DAI PARENTI DELLE VITTIME
Caos in aula dopo la lettura della sentenza e la decisione del giudice. Proteste, urla e pianti dei parenti delle vittime in aula: “Fate schifo”. E ancora: “Vergogna vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti”.
“Giudice, non finisce qui”, ha urlato contro il giudice Sarandrea un superstite della tragedia, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo – che sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli. Matrone è stato poi allontanato dall’aula dalle forze dell’ordine. “Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvaguardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia”, le parole del padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda.
Urla in aula Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo: “Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?” urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D’Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.